Crescono i triatleti over ’50, perché non si è mai abbastanza “maturi” per il triathlon.

Uno dei fenomeni sportivi più consistenti degli ultimi anni è il crescente, esponenziale interesse per il mondo del triathlon tra gli over ’50, sia uomini che donne, sempre più affascinati da uno sport equilibrato da un punto vista dell’impegno fisico, che si addice perfettamente a chi non è più giovane perché distribuisce lo sforzo su tre diverse discipline, consentendo di fruire di un’attività aerobica “a tutto campo” e dei suoi benefici, mantenendo efficienti la maggior parte dei gruppi muscolari. 

Un fenomeno che peraltro forse va ben al di là del solo spirito atletico, perché il triathlon esprime perfettamente il concetto di “sfida”, fino a qualche tempo fa rappresentato dalla maratona, e oggi meglio declinato e interpretato secondo la logica del “tre è meglio di uno”.

Non solo tre discipline allenate con costanza ed entusiasmo fanno sentire meglio rispetto alla pratica di una sola, ma negli over ’50 che decidono di praticare la triplice c’è una spinta di sano edonismo che fa la differenza e che spiega, a mio avviso, buona parte dell’ascesa del fenomeno.

Inutile sottolineare, infatti, che con il crescere dell’età, di una maggiore autonomia economica e sociale, piace finalmente fare ciò che piace, e che magari non si è avuto il tempo di fare prima, per impegni di lavoro o, come nel caso delle donne, di famiglia e figli da accudire. 

Dopo i ’50 (e oltre), insomma, cresce la voglia di vivere finalmente per sé stessi, accettando i propri limiti, ma al tempo stesso senza crearsi dei limiti, perché questa è ancora un’età in cui c’è ancora molto spazio per mettersi in gioco, magari con qualche svantaggio fisico rispetto ai più giovani, ma con molti vantaggi in più in termini di esperienza, equilibrio, consapevolezza, razionalità. Proprio ciò che serve per arrivare in fondo a una gara di triathlon.

Un mondo, quello del triathlon, che probabilmente, anche per tutti questi motivi, è diventato relativamente costoso, per chi pratica con passione e continuità.

Per certi versi, proprio per questo si addice a una categoria di atleti di età più “matura”, anche se questo aspetto spiega solo in parte l’aumento delle categorie aging, magari molto impegnate professionalmente, ma più disponibili a spendere, perché “arrivate” da un punto di vista sociale ed economico, e spesso con meno problemi familiari da tenere sotto controllo, rispetto alla fascia dei quarantenni, soprattutto se si tratta di donne, che prima dei 50 anni sono spesso afflitte da lavoro, famiglia e figli.

Il triathlon, infatti, per l’impegno di tempo che richiede, soprattutto per preparare medie e lunghe distanze, è un hobby che va mutuato tra lavoro, famiglia, figli, mutui e tasse da pagare. 

Più l’età cresce, meno questi fattori diventano impattanti, consentendo di disporre di più tempo per se stessi, o di avere la capacità, o la possibilità, di ricavarsi nell’ambito lavorativo delle nicchie da sfruttare per allenarsi.

Chi poi ha già varcato la soglia dei 60 anni aggiunge a tutto ciò anche l’ipotesi di fruire di una maggiore libertà, perché magari ha terminato la sua avventura lavorativa e può dedicarsi con maggiore impegno e soddisfazione alla passione sportiva, avendo l’opportunità di abbinare le gare a gradevoli esperienze di viaggio dove magari sviluppare nuove conoscenze e amicizie, come spesso avviene tra chi condivide le medesime passioni.

Non solo, ma la necessità di garantire l’allenamento in tre diverse discipline, costringe a stare fuori casa più spesso e più a lungo, e questo è un plus non indifferente per contrastare la noia e la routine casalinga che così spesso affligge soprattutto chi ha già lasciato l’attività lavorativa.

Certamente non sono solo queste le possibili ragioni di un fenomeno in continua ascesa, sia in campo maschile che femminile. 

L’interesse degli over ’50 per il triathlon, infatti, soprattutto tra coloro che provengono da precedenti esperienze sportive in almeno una delle tre discipline, più spesso la corsa, è dettata da un’altra serie di fattori che ulteriormente spiegano il recente boom della triplice tra gli over ’50, rispetto anche solo al pianeta corsa o al ciclismo, che hanno sempre rappresentato un riferimento per coloro che praticano attività sportive ben oltre l’età giovanile.

La prima motivazione è quasi sempre di tipo fisico. Com’è accaduto a me, che sono passato dalla corsa al triathlon sulla soglia dei ’60 perché ormai afflitto da una serie di stop dovuti a ripetuti infortuni da sovraccarico, in molti hanno subìto il fascino di questo sport solo dopo aver provato a modificare le loro abitudini di runners a seguito di uno o più infortuni, inserendo il nuoto e/o la bicicletta.

Il resto l’ha fatto, e lo fa, la capillare informazione sportiva, che da anni riempie internet e i giornali sportivi di articoli che illustrano i benefici di praticare più sport aerobici, anziché uno solo, soprattutto in coloro che si avviano verso un’età che comincia a mettere in evidenza i primi acciacchi fisici e che hanno bisogno di mantenere il più a lungo possibile efficienza e tono muscolare per contrastare nel modo migliore e più efficace il decadimento dovuto al fenomeno della sarcopenía sempre in agguato, e comunque sempre presente ogni anno in più che passa. 

Ciò detto, è ormai evidente che la categoria degli over ’50 cresce esponenzialmente su tutte le distanze, grazie anche alla mitizzazione delle gare del circuito IRONMAN, a dimostrazione che, a fronte del crescere dell’interesse per la disciplina sportiva, in questa particolare fase della vita in molti c’è ancora una forte motivazione per arrivare a disputare gare estremamente impegnative sotto il profilo fisico e psicologico.

E a proposito di psicologia, non è un aspetto da sottovalutare che il triathlon rappresenti una particolare disciplina sportiva nella quale l’allenamento psicologico ha quasi la medesima importanza dell’allenamento fisico, soprattutto sulle medie e lunghe distanze, ma non solo. 

Perché anche affrontando una distanza sprint, c’è bisogno di estrema concentrazione, equilibrio, ordine mentale, resilienza, se davvero si vuole portare a termine senza stress una gara. 

Un esercizio di estrema importanza nel soggetto che invecchia, che si ripercuote positivamente, se ben gestito, nella vita di tutti i giorni, proprio in una fase della vita in cui viceversa c’è la tendenza a perdere via via l’equilibrio per affrontare gli eventi critici e la capacità di reazione per superarli efficacemente o dominarne gli effetti.

E infine, non si dimentichi che il triathlon, proprio per le sue peculiari caratteristiche poliedriche, con la necessità di affrontare in sequenza tre discipline in una, richiede non solo efficienza fisica e mentale, ma anche tempi rapidi di reazione e veloci processi decisionali, che esercitano come nessun’altro sport l’attività percettivo-motoria, così spesso in declino man mano che l’età cresce, superati i 50 e, ancor più, i 60 anni.

Per certi versi, potremmo dire che il triathlon può rappresentare la panacea per molti mali degli over ’50, in grado di rallentare l’aging, migliorando al tempo stesso la forma fisica e mentale.