Se vuoi andare più veloce…corri più piano!

Se credete che per arrivare a correre più a lungo e in modo più efficace e veloce dobbiate allenarvi sempre al massimo, beh…avete sbagliato obiettivo e rischiate di pagarne le conseguenze…! 

Se pensate, inoltre, che i “pro” affrontino tutti i loro allenamenti “a tutta”, siete ben lontani dalla realtà. 

Perché, contrariamente a ciò che molti ritengono, per allenarsi a correre bene una maratona o la frazione finale di un IRONMAN è necessario tanto lavoro aerobico a velocità ridotta.

Se è vero, infatti, che un maratoneta o un triatleta elite di lunga distanza percorrono ogni settimana un numero di chilometri fuori dalla portata della maggior parte di un qualunque atleta age group, il ritmo con il quale corrono buona parte di questa distanza è assolutamente “umano”, e i benefici di questa impostazione dei workout, basati per circa l’80% sulla corsa lenta, sono ormai patrimonio della maggior parte dei preparatori atletici, e attestati dalle più accreditate riviste scientifiche del settore. 

Per capire i motivi della scelta di questa modalità di allenamento, è importante prima di tutto capire la differenza tra allenamento aerobico e anaerobico.

Allenamento aerobico e anaerobico

L’attività aerobica è stata definita dall’American College of Sports Medicine (ASCM) come una “qualsiasi attività che può essere mantenuta costantemente… ”

Il termine “costantemente”, se applicato alla corsa, significa correre a un ritmo che può essere mantenuto in modo costante per lungo tempo. La corsa aerobica, infatti, è una corsa caratterizzata da una frequenza cardiaca dal 50-60% fino all’80% della frequenza massima cardiaca, ritmo al quale un atleta riesce a massimizzare non solo la propria capacità atletica, ma anche quella metabolica, utilizzando prevalentemente i grassi come fonte di energia. 

Nella zona aerobica, infatti, il fisico usa l’ossigeno per fornire energia ai muscoli, utilizzando una miscela energetica costituita da (poco) glicogeno (immagazzinato nei muscoli) e (molti) grassi. 

Con questo particolare mix energetico i muscoli possono continuare a lavorare in maniera quasi infinita, in quanto le riserve di grassi da bruciare sono pari a circa 70.000 calorie (in un atleta di 70 chili), rispetto alle riserve di glicogeno, pari a circa 2000 calorie, che consentono di avere energia si e no per un paio d’ore di attività. 

L’attività anaerobica, invece, è quella che ha inizio quando aumenta il passo e l’intensità. L’ASCM la definisce come “attività fisica intensa di brevissima durata, alimentata dalle fonti di energia già presenti nei muscoli e, come tale, indipendente dall’ossigeno inalato…” 

È la fase in cui l’atleta esce dalla propria zona di comfort e comincia a “soffrire”, consapevole di non poter sostenere questo ritmo molto a lungo. 

Quando un atleta supera la “soglia aerobica” ed entra in zona anaerobica, lavora a un ritmo che supera l’80% della propria frequenza cardiaca massima. A questo punto si smette di usare l’ossigeno per fornire energia ai muscoli, e senza ossigeno non è più possibile bruciare molti grassi, così che l’organismo farà ricorso alla (poca) energia immagazzinata nei muscoli sotto forma di glicogeno che, come si è detto, consente un’autonomia di circa due ore di lavoro, anche se prima di una gara ci abbuffassimo di pasta o facessimo una colazione extra ricca di carboidrati. 

Perciò, mentre in zona aerobica si potrebbe in teoria correre all’infinito, quando si arriva in zona anaerobica bisogna essere consapevoli che c’è un tempo limitato per sfruttare l’energia disponibile, oltre il quale si sarà raggiunto davvero il proprio limite fisico. Oltre la soglia aerobica, inoltre, una volta entrati In zona anaerobica, aumenterà fortemente l’accumulo di acido lattico in circolo e nei muscoli, un meccanismo biologico che impedisce di continuare a spingere i muscoli oltre i loro limiti.

Ecco spiegato il motivo per cui sia i maratoneti che i triatleti di lunga distanza devono abituarsi a correre in modo che il giorno della gara possano far lavorare il proprio fisico il più a lungo possibile in zona aerobica. Ciò significa che per arrivare bene e, se possibile, vincere è necessario allenare il proprio corpo in zona aerobica, in modo da poter essere più veloci bruciando i grassi, esaurendo il più tardi possibile le riserve di glicogeno. 

Quanto piano bisogna correre? 

Per individuare il ritmo adatto a rispettare l’allenamento aerobico, si utilizzano la frequenza cardiaca (FC) e le “zone” di attività che derivano dalla percentuale che si discosta dalla FC massima, rilevata mediante appositi test sul campo.

Nella seguente tabella è possibile individuare le caratteristiche delle zone aerobiche (da 1 a 3) con la rispettiva percentuale della FC massima, lo sforzo percepito, la tipologia di allenamento e i benefici che ne derivano.

Immagine che contiene tavolo

Descrizione generata automaticamente

Zona 1 = 50–60% della frequenza cardiaca massima = Allenamento aerobico, molto leggero

Zona 2 = 60–70% della frequenza cardiaca massima = Allenamento aerobico, leggero

Zona 3 = 70–80% della frequenza cardiaca massima = Allenamento aerobico, moderato

Zona 4 = 80–90% della frequenza cardiaca massima = Allenamento anaerobico, sostenuto

Zona 5 = 90–100% della frequenza cardiaca massima = Allenamento anaerobico, intensità massima

Non c’è bisogno di fare complicati calcoli per sapere a che ritmo bisogna allenarsi per rimanere in zona aerobica, in quanto tutti gli smartwatch sono oggi in grado di calcolare il ritmo e le “zone” di ciascun atleta.

Per migliorare le prestazioni aerobiche, sarà necessario rimanere all’interno delle prime tre zone. 

Il consiglio, comunque, è quello di cominciare a poco a poco ad abituarsi a conoscere se stessi e il proprio ritmo ideale per correre in zona aerobica senza essere costretti a guardare di continuo l’orologio.

Da un punto di vista pratico, mentre nell’allenamento aerobico è importante non “scivolare” in zona 4, va invece sempre bene variare il ritmo delle corse nelle tre zone aerobiche.

Ad esempio, il giorno dopo un allenamento aerobico sostenuto, rimanere nelle zone 1-2 favorirà il recupero. Nelle altre giornate, se ci si sente bene, correre in zona 3 potrà fornire ulteriori benefici, magari in combinazione con la zona 2. 

Tutto ciò che si è detto finora non vale se si intende preparare una gara di velocità e/o di breve durata, ma se invece l’obiettivo è una gara lunga, tanto maggiore sarà la distanza, tanto più crescerà il tempo da impiegare in allenamenti lenti aerobici.

Lo stesso concetto vale anche per altre discipline, come la bici o il nuoto, se l’obiettivo finale è una prova di endurance come ad esempio un IRONMAN.

Vantaggi dell’allenamento aerobico

Chi è alle prime esperienze di allenamento aerobico mirato, potrebbe pensare che la scelta di adottare un ritmo più lento nella maggior parte degli allenamenti non porti da nessuna parte. 

Se, infatti, si è abituati a correre in base a “come ci si sente”, probabilmente nelle giornate “positive” si sarà tentati di accelerare, a volte in modo assolutamente inconsapevole e credendo di “andare piano”, rendendo difficile mantenere un ritmo nell’ambito delle zone più basse della frequenza cardiaca. Questo fenomeno di chiama “cecità da intensità”, ed è tipico dei neofiti, ma anche di molti atleti evoluti, perché “correre forte” fa parte della cultura dei runner, da sempre convinti che per andare forte in gara ci si debba allenare sempre “a tutta”. 

Così facendo, però, non solo si rischia di non raggiungere il risultato sperato, ma si rischia anche un numero ben più elevato di infortuni da sovraccarico. Perché il tempo di recupero dopo un allenamento lento è molto più veloce rispetto a quello che segue un workout intenso in zona anaerobica, magari utilizzando le ripetute. 

Non è un caso che molti atleti tendano ad infortunarsi e a rischiare l’overtraining più spesso quando lavorano troppo in zona anaerobica, magari eseguendo troppi allenamenti con ripetute lunghe.

Aumentare il volume di allenamento “a intensità moderata” offre perciò indubbi vantaggi sul lungo termine. Mentre vi allenate per la maggior parte del vostro tempo a ritmi moderati, facendo anche molta attenzione a curare l’efficacia del passo e la postura, altri vostri amici staranno compiendo magari un maggior numero di allenamenti a ritmi intensi “a manetta”. 

Così facendo, però, non solo rischieranno l’overtraining, sempre in agguato al crescere della stanchezza e dello stress, ma aumenteranno il rischio di infortuni

E mentre loro dovranno magari stare fermi per ristabilirsi, voi continuerete ad allenarvi, accumulando così una distanza e un’efficienza atletica e metabolica complessivamente ben superiore alla loro. E i risultati sulla distanza si vedranno tutti…

Abbinare l’interval training è un obbligo

Ovvio che, pur essendo importantissimo per aumentare la resistenza, l’allenamento lento non è l’unico elemento da tenere in considerazione quando si prepara una gara sulla distanza, perché una quota di circa il 20% dovrà comunque essere dedicata alla combinazione con altri tipi di allenamento più impegnativi e mirati, ben oltre la soglia aerobica, dove è possibile percepire la soglia del dolore. 

Gli allenamenti anaerobici sviluppano infatti la potenza e la forza esplosiva che è comunque necessaria, soprattutto quando si arriva stremati alle fasi finali di una gara. 

Ma non va dimenticato che per evitare infortuni questo tipo di workout va inserito solo quando l’atleta è già in grado di sopportare lo stress fisico al quale dovrà essere sottoporlo.

Per capire i meccanismi e le modalità con cui allenare questo aspetto, leggi anche l’articolo “Interval training: prova a cambiare ritmo di corsa”, al link: https://www.trisportandhealth.it/2021/10/31/interval-training-prova-a-cambiare-ritmo-di-corsa/