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Prova l’esperienza mindfulness del nuoto lungo lento in acque libere

Non curo il vento che soffia e i colpi dell’onda, meglio che passeggiando in un giardino, oggi ho allargato il petto al respiro…

Mao Tsê Tung, 1957

Poche righe tratte dalla poesia “Nuotare” del generale Mao Tsê Tung (sì, proprio lui…), che fa parte di un piccolo libro di 18 componimenti ormai introvabile, “Diecimila fiumi e mille montagne”, distribuito in Italia nel 1958 da Editori Riuniti.

Difficile descrivere in modo più efficace e mirabile la sensazione “mistica” del nuoto lento in acque libere. Uno stato mentale durante il quale è possibile percepire aspetti della realtà in maniera diretta e immediata con grande intensità, in uno stato di profonda beatitudine e di completa comunione con il mondo…

Il lungo lento in acque libere, cioè la pratica che consente di nuotare per lunghi tratti all’aperto e nella natura, è la condizione migliore per avvicinarsi a uno stato di meditazione, di chiarezza ed attenzione ai propri movimenti, che dobbiamo essere in grado di “osservare” dall’esterno, grazie alla percezione e pressione dell’acqua che avvolge il nostro corpo. In acqua, paradossalmente, ci si sente più liberi, perché il peso della gravità quasi si annulla. Scivolando in acqua, riducendo così al minimo lo sforzo fisico, semplificando ed eliminando tutti i movimenti superflui e modulando l’aria nei polmoni, controllando la ritmica della respirazione, è possibile, a poco a poco, focalizzare l’attenzione solo al momento presente, apprezzando il senso di distacco dal mondo, in una piena armonia di natura, mente e corpo. Nuotando lentamente i pensieri si sciolgono, scorrono via, proprio come scrive Mao, tra un lampo di sole, i mutamenti di colore del cielo e del mare, un pesce sul fondo, un gabbiano che vola radente, le bolle che escono dalla bocca e scorrono intorno alle braccia, la cresta di un’onda, l’improvviso calore o il freddo improvviso di una corrente, a volte le gocce di pioggia, acqua con acqua…

Nella filosofia orientale, e in particolare nel Taoismo, l’acqua, insieme a legno, fuoco, terra e metallo, è uno dei cinque elementi fondanti l’universo. Anche il simbolo del Tao, a suo modo, contenuto in un cerchio che rappresenta il tutto, è “liquido”, con “ l’onda” verticale e dinamica tra i due elementi, Yin e Yang, che contengono al proprio interno due “gocce” dell’elemento opposto.

Trai due elementi, è Yin a rappresentare l’Acqua, principio della passività, del freddo, dell’oscurità, della morbidezza. E’ il femminile, associato alla notte e alla quiete. Nell’acqua, il principio dell’opposto maschile, cioè il corpo – solido, attivo, caldo, che esprime energia – si può immergere nel ventre morbido e liquido dell’Yin. E’ così che il nuoto può rappresentare l’armonico interagire tra acqua e corpo, tra Yin e Yang, che si confrontano, si definiscono per opposizione ed integrazione, e per certi aspetti si trasformano l’uno nell’altro, dando origine a un frammento della nostra realtà dinamica.

A coloro che, nuotando, vogliano vedere oltre il solo gesto sportivo, l’acqua, simbolo più autentico dello Yin, piace soprattutto nello stato di massima quiete, più spesso tipica del lago. Così, immersi nella naturalità dell’acqua libera, con la pratica del nuoto lento, il corpo e l’acqua si integrano in un’esperienza mindfulness, consentendo di concentrarsi solo su ciò che si sta facendo qui e ora, sfruttando al massimo il vissuto del presente. L’acqua e la natura fanno il resto, combinando insieme, in comunione perfetta, tutti i fattori che aiutano ad accantonare le frustrazioni del passato e le preoccupazioni del futuro, rendendo l’esercizio una vera e propria pratica zen.

Il nuoto non è mai stato il mio sport preferito, ma con il tempo e la pratica sono diventato un buon nuotatore sulla lunga distanza, e la pratica del lungo lento in acque libere è l’esperienza che più mi affascina. Viceversa, ciò che invece mi ha sempre angosciato è l’idea di passare ore percorrendo avanti e indietro sempre la stessa vasca di una piscina, spesso in mezzo a troppa gente. Ogni volta che entro in piscina durante la stagione invernale, e peggio ancora quando esco, mi chiedo che ci vado a fare, e se la passione per il triathlon richieda davvero questo sacrificio.

Abituato da anni alla libertà della corsa, alla varietà dei percorsi in bicicletta, l’allenamento confinato, contando mattonelle e bandierine, toccando muri avanti e indietro per 80, 100,150 volte, è davvero l’esperienza psicologicamente più alienante che un’atleta di endurance possa vivere. Mi chiedo sempre come facciano gli atleti “pro” a passare ore e ore, tutti i giorni dell’anno, ad allenarsi in queste condizioni…

Per questo capisco anche la difficoltà psicologica nell’affrontare gli spazi d’acqua aperta da parte di coloro che sono stati abituati a nuotare sempre nell’ambiente confinato di una vasca. Perché il nuoto in acque libere è un’altra cosa, e non ha davvero nulla a che spartire con il nuoto in piscina: nessun confine, nessun limite, nessun riferimento. Che tu sia in mare o in un lago, sei sempre e solo tu, con il tuo corpo immerso, e l’acqua, con le sue continue variazioni di ritmo naturale dettato dalle stagioni e dalle correnti: fredda, calda, tiepida, a ripeterti di continuo che sei immerso in un mezzo dinamico, non statico, capace di trasmettere i suoi delicati messaggi. E insieme all’acqua, sei immerso ad ogni respiro nella luce che ti circonda, quando il viso esce di poco dall’acqua, sia che si tratti di una giornata di sole pieno, sia che intorno a te ci siano solo nuvole, o magari pioggia: acqua con acqua. Un’ esperienza unica, che può diventare mindfulness, soprattutto quando vissuta nel contesto del “lungo lento”.

Se stai preparando una gara lunga dovrai provare giocoforza l’esperienza del “lungo”, un pó come nell’ allenamento per la maratona, e dovrai per forza percorrere diversi chilometri in acqua ogni settimana. E’ difficile, monotono e alienante farlo in piscina, ma può diventare davvero un’esperienza mindfulness in acque libere. Perciò cogli l’opportunità, magari ogni tanto, di vivere il “lungo” in modo diverso, lento…

Aspetti pratici per cogliere a pieno l’esperienza del lungo lento in acque libere

Comfort

Per praticare il lungo lento, apprezzandone tutti i benefici, bisogna saper nuotare discretamente bene, senza particolare “sofferenze”. Inoltre, per vivere a pieno un’esperienza mindfulness, le condizioni ambientali sono fondamentali: l’acqua calma e la temperatura gradevole sono aspetti importanti, anche se non sempre essenziali. A me, ad esempio, come a molti open water swimmers, piace molto anche l’acqua discretamente fredda, magari avvolto in una confortevole mutina. Qualunque sia la stagione e la temperatura, consiglio sempre di indossare almeno una muta corta, in modo da affrontare nel massimo comfort tutte le possibili variazioni di temperatura che in un “lungo” in mare, o ancor più in un lago, sono molto frequenti.

Inoltre, saper nuotare in piscina non significa saper nuotare in mare, o in un lago. Spesso, infatti, non si vede il fondo, né ci sono linee, piastrelle colorate o bandierine che indicano la direzione da seguire, o una rassicurante corda o bordo a cui aggrapparsi. Si nuota, perciò, senza riferimenti e appoggi, e senza toccare il “bordo vasca”. La prima regola, dunque, è imparare a “viaggiare consapevolmente”, osservando la direzione di tanto in tanto. Chi ha esperienza di nuoto in piscina, ma non in acque libere, dovrà imparare ad orientarsi.

Inoltre, se non l’avete fatto finora, imparate una tecnica di respirazione da entrambi i lati, più adatta al nuoto in acque libere. Vi servirà molto anche in gara, quando le condizioni del mare o l’affollamento non vi permetteranno sempre di respirare da un’unica parte del corpo. Controllate il ritmo della respirazione, evitando l’iperventilazione, adattandovi a poco a poco all’ambiente e all’acqua prima di partire. Sarà buona norma farlo anche prima di ogni gara. Ovvio, inoltre, che il primo elemento da sviluppare è la resistenza al nuoto lungo, senza interruzioni, ansia o panico. D’altro canto, è meglio che chi pratica il triathlon, specialmente su lunga distanza, si abitui il prima possibile alla resistenza e ad affrontare serenamente, senza ansia e panico, eventuali imprevisti, che in una frazione di gara sono infiniti…

Sicurezza

Prima di un percorso lungo in mare o in un lago, esplorate bene l’area per evitare qualunque “imprevisto prevedibile”: la presenza di ostacoli, motoscafi, rocce, pontili, reti da pesca potrebbero ad esempio essere molto pericolosi, costringendovi a modificare in modo improvviso il percorso preventivato. Se non avete mai provato il nuoto in acque libere, le prime volte non scegliete percorsi troppo al largo, e possibilmente nuotate in compagnia, oppure fatevi seguire da qualcuno, magari in barca o in canoa. Come si è detto, l’uso della muta, magari solo corta, è buona norma nei percorsi lunghi, per ridurre l’impatto del freddo e delle correnti. Tra l’altro, abituarsi a nuotare in acque fredde potrà esservi utile, qualora pensiate di gareggiare in luoghi dove la temperatura dell’acqua potrebbe essere molto bassa rispetto alla media alla quale si è abituati durante la stagione estiva o in piscina. Oltre a indossare una cuffia di colore ben visibile, l’uso di una swim buoy colorata al seguito, da allacciare in cintura,dovrà inoltre diventare il vostro imprescindibile e immancabile presidio di visibilità e sicurezza, permettendovi di essere ben visibili a barche e motoscafi e consentendovi di avere un appoggio per riposarvi, qualora ne abbiate bisogno.