Sport di resistenza e invecchiamento muscolare

Capita spesso che qualcuno mi chieda “ma perché fai ancora tutto questo sport…? Non ti farà male alla tua età…?” 

Ecco, oltre all’innegabile passione che giustifica qualunque sacrificio a qualsiasi età, almeno finchè la salute lo permette, il contenuto del lavoro dal significativo titolo Effects of Exercise and Aging on Skeletal Muscle, apparso nel 2018 sulla rivista Cold Spring Harbor Perspectives in Medicine, di cui trattiamo in questo articolo, basterebbe a giustificare l’entusiasmo per lo sport in atleti non più giovanissimi.

È noto che i segni distintivi dell’invecchiamento del muscolo scheletrico sono rappresentati da una sostanziale perdita di massa e forza muscolare (sarcopenìa) e da una ridotta capacità rigenerativa con prestazioni fisiche progressivamente compromesse. Si tratta di un processo irreversibile, sul quale però è possibile intervenire in termini di prevenzione seguendo alcune regole, prima fra tutte un’attività fisica intensa che possibilmente coinvolga la maggior parte dei gruppi muscolari.

Coesistono infatti due tipi di invecchiamento muscolarel’invecchiamento primario corrisponde all’inevitabile cambiamento nella struttura e nella funzione cellulare. Ciò accade indipendentemente dallo stile di vita, dalle influenze ambientali o dalle eventuali malattie. I cambiamenti che invece sono prodotti dallo stile di vita, dalle influenze dell’ambiente nel quale si vive o dalle malattie intercorrenti definiscono l’invecchiamento secondario

Ciò significa che a fronte di un decadimento ineluttabile e progressivo della struttura muscolare coesistono una serie di fattori che possono influire in modo significativo sulla progressione o il rallentamento di tale processo. Tra gli effetti più significativi nel prevenire l’invecchiamento muscolare secondario, l’esercizio fisico di resistenza, soprattutto se intenso e praticato con continuità, rappresenta un elemento fondamentale, ormai ampiamente riconosciuto e attestato a livello scientifico: l’esercizio nell’anziano infatti non solo migliora la fitness cardiorespiratoria e diminuisce la probabilità di diversi tipi di malattie croniche anche mortali, ma interviene direttamente sul muscolo aumentando la dimensione delle miofibre e la capacità rigenerativa delle cellule, oltre a contribuire a mantenere le dimensioni dell’intera massa muscolare, migliorando la qualità del tessuto muscolare e le sue capacità funzionali attenuando in modo significativo il decadimento muscolare legato all’età e la perdita di forza. Interviene inoltre riducendo l’infiltrazione di grasso nei muscoli e prevenendo la resistenza all’insulina muscolare e la riduzione delle capacità dei mitocondri, gli organelli che costituiscono il “motore” muscolare. 

Nella figura sottostante tratta dal lavoro citato sono ben evidenziati e sintetizzati gli effetti sul muscolo dovuti all’invecchiamento. A confronto gli aspetti negativi (a sinistra) dovuti principalmente a sedentarietà, cattiva alimentazione e obesità, rispetto agli aspetti positivi (a destra) riferibili a una corretta alimentazione e a una vita attiva. In questo scenario, l’esercizio fisico soprattutto aerobico riduce o ritarda il declino della rigenerazione muscolare e riduce la formazione di fibrosi, diminuendo anche l’accumulo di grasso intramuscolare e migliorando la funzione contrattile delle cellule muscolari e dei tessuti. L’esercizio fisico di endurance, in particolare, migliora inoltre notevolmente il metabolismo muscolare, riducendo il fenomeno dell’insulino-resistenza e la disfunzione mitocondriale, contribuendo altresì a una maggiore attivazione neuromuscolare e a una migliore vascolarizzazione, che a sua volta influisce positivamente sulla funzione contrattile.  La combinazione di una buona alimentazione e di uno stile di vita attivo riduce inoltre al minimo il calo della massa muscolare, della forza e delle prestazioni fisiche osservate nelle persone anziane, e ciò non fa che prevenire o ritardare in modo efficace le limitazioni della mobilità tipiche dell’età avanzata, e con esse la disabilità, l’istituzionalizzazione e la morbilità, contribuendo a produrre un “invecchiamento sano”. 

Vediamo ora più nel dettaglio alcuni spunti che emergono dal lavoro scientifico, in particolare gli effetti dell’invecchiamento su morfologia massa e forza muscolare, sulla sensibilità all’insulina, sulla capacità mitocondriale e rigenerativa delle fibre muscolari e gli effetti benefici di uno stile di vita attivo nel prevenire o contrastare i cambiamenti muscolari legati all’età.

Massa, struttura e forza muscolare

Il declino fisiologico della massa muscolare scheletrica ha inizio tra terza/quarta decade di vita, e circa il 10% del muscolo può essere perso già all’età di 50 anni. Da questa età il tasso di perdita (atrofia) muscolare accelera poi progressivamente in modo che dai 70 anni in poi si assiste a una riduzione dello 0,7%–0,8% all’anno dei muscoli degli arti inferiori sia negli uomini che nelle donne. Tra i potenziali fattori alla base dell’atrofia muscolare legata all’età c’è soprattutto una ridotta capacità mitocondriale e un aumentato stress ossidativo, insieme a un’alterata funzione delle cellule staminali muscolari e ad un aumento di fenomeni infiammatori cronici di basso grado. In concomitanza con l’atrofia muscolare si manifesta anche una perdita di forza. I due fenomeni insieme sono definiti con il termine di sarcopenìa.

La forza muscolare diminuisce significativamente dopo i 50–60 anni di età, con tassi di declino di circa il 2%–4% all’anno. È interessante notare che la perdita di forza muscolare è circa tre volte superiore ai tassi di atrofia muscolare. Pertanto, la forza tende a diminuire in modo significativo con l’invecchiamento, suggerendo un calo muscolare più di qualità che di quantità.

Questi cambiamenti muscolari sono probabilmente collegati, perciò, non solo a perdita della massa muscolare magra, ma anche a progressivi cambiamenti a livello della conduzione nervosa sia centrale che periferica, inclusa una graduale perdita di motoneuroni e una degenerazione delle giunzioni neuromuscolari. Inoltre, gli anziani sono spesso soggetti a progressivi cambiamenti vascolari che compromettono ulteriormente la funzione muscolare attraverso un ridotto apporto di ossigeno, ormoni, fattori di crescita, nutrienti, e aminoacidi.

Nessun intervento è probabile che prevenga completamente la perdita di massa e forza muscolare associata all’età. Tuttavia, fattori modificabili secondari hanno dimostrato di svolgere un ruolo chiave nella modulazione questi cambiamenti. In questo contesto, la sarcopenia può associarsi all’aumento di grasso corporeo, condizione nota come “obesità sarcopenica” e l’aumento di adiposità tipico dei soggetti più anziani è in grado di influire negativamente sulla funzione muscolare indipendentemente dalla perdita di massa muscolare. Inoltre, altre condizioni correlate all’obesità, quali l’infiammazione cronica di basso grado e soprattutto il diabete di tipo 2, possono potenziare il calo della massa muscolare e della forza.

L’inattività fisica poi rappresenta un fattore secondario chiave capace di influire negativamente sull’invecchiamento muscolare, mentre l’esercizio fisico di resistenza favorisce l’ipertrofia muscolare e migliora la forza e le prestazioni fisiche, prevenendo e anzi migliorando in modo significativo il declino delle fibre muscolari e la dimensione dei muscoli, oltre alla forza, alla qualità muscolare e più in generale alla prestazione fisica. L’esercizio di resistenza aumenta inoltre in modo significativo la sintesi proteica muscolare, sebbene più in ritardo rispetto ai soggetti più giovani, oltre a prevenire l’infiltrazione di tessuto adiposo intramuscolare associata all’età e migliorare la funzione neurale e vascolare dei soggetti più anziani.

Metabolismo muscolare e insulino-resistenza

Oltre alla loro essenziale funzione sulla mobilità e sulle prestazioni fisiche, i muscoli scheletrici giocano un ruolo cruciale nel metabolismo di tutto il corpo, modulando i livelli di glucosio nel sangue regolati a loro volta dalla produzione di insulina. Quando il sistema perde il suo equilibrio, come avviene spesso in soggetti sedentari di età avanzata e in sovrappeso, si può manifestare il fenomeno dell’insulino-resistenza, anticamera del diabete di tipo 2.

L’insulinoresistenza è una condizione che si viene a creare quando le cellule dell’organismo, in questo caso i muscoli scheletrici, presentano una scarsa sensibilità all’insulina. Pertanto, il glucosio non riesce ad essere assorbito dalle cellule in risposta all’azione esercitata dall’ormone e rimane a livello ematico producendo un aumento della glicemia. Non tutte le cellule corporee necessitano di insulina per assorbire il glucosio, ma l’ormone è essenziale per il tessuto muscolare e per quello adiposo, che da soli rappresentano circa il 60% della massa corporea. 
In risposta all’insulino-resistenza, l’organismo mette in atto un meccanismo compensatorio basato sull’aumentato rilascio di insulina; si parla, in questi casi, di iperinsulinemia, cioè di elevati livelli dell’ormone nel sangue. Se nelle fasi iniziali questa compensazione è in grado di mantenere la glicemia a livelli normali, in uno stadio avanzato le cellule pancreatiche che producono insulina non riescono più a adeguarne la sintesi. Il risultato finale è un aumento della glicemia post-prandiale e la comparsa dell’aumento della glicemia anche a digiuno.

Numerosi studi hanno segnalato un calo nella sensibilità all’insulina con l’invecchiamento, ma l’aumento dell’età di per sé non è un fattore determinante per la perdita di sensibilità all’insulina, ma lo sono invece l’obesità, la distribuzione del grasso corporeo e soprattutto l’inattività fisica. Questi risultati supportano il concetto che il cambiamento della sensibilità all’insulina a livello dei muscoli più che all’invecchiamento si correla ai cambiamenti della distribuzione del grasso corporeo e al livello di attività fisica. Il mantenimento di livelli ottimali di esercizio fisico aerobico negli uomini e nelle donne più anziani mantiene infatti un’elevata sensibilità all’insulina, del tutto simile a quello presente in atleti giovani allenati alla resistenza. Insieme, questi risultati supportano fortemente l’idea che l’età di per sé non è la causa dello squilibrio metabolico muscolare e che il mantenimento di un elevato livello di esercizio fisico rappresenti invece un determinante primario dell’insulino-sensibilità. 

Invecchiamento e capacità mitocondriali

I mitocondri sono organelli intracellulari essenziali per il corretto funzionamento delle cellule e svolgono un ruolo chiave nell’attività bioenergetica muscolare poiché sono capaci di produrre grandi quantità di una molecola, chiamata ATP (adenosina tri-fosfato), che ha il ruolo di trasportare e fornire l’energia necessaria per la funzione contrattile.

L’effetto dell’invecchiamento sui mitocondri del muscolo scheletrico è stato ampiamente studiato da molti anni. Ciò che in buona sostanza emerge da un’ampia disponibilità di lavori scientifici è che l’esercizio fisico aerobico di resistenza è in grado a qualunque età di aumentare il contenuto, la funzione e l’efficienza mitocondriale delle cellule muscolari garantendo così livelli ottimali di energia. Diversi studi hanno inoltre dimostrato che la funzione mitocondriale non è influenzata dall’invecchiamento cronologico in sè, ma piuttosto da una diminuzione dell’attività fisica che normalmente si verifica con l’invecchiamento. Nessuna differenza di contenuto ed efficienza mitocondriale è stata invece osservata tra soggetti giovani e anziani che svolgevano attività fisica continuativa di endurance.

Non solo, ma il contenuto e la biogenesi mitocondriale, oltre a tutte le principali funzioni antiossidanti, sono risultate conservate nel muscolo scheletrico degli anziani attivi, mentre le biopsie in anziani allenati che avevano praticato sport di resistenza negli ultimi 30 anni ha mostrato che l’esercizio fisico costante ritarda l’avanzare dell’età biologica del muscolo scheletrico. Questi anziani ben allenati infatti presentavano una migliore organizzazione dei mitocondri e una migliore distribuzione delle fibre muscolari e della loro ultrastruttura con ridottissimi segni di sarcopenìa. È ormai noto, infatti, che una diminuzione di numero e funzione dei mitocondri nel muscolo scheletrico aumenta il catabolismo muscolare attivando i principali sistemi proteolitici responsabili della perdita di massa e forza muscolare favorendo così l’insorgere di sarcopenìa.

Rigenerazione muscolare

Il muscolo scheletrico ha una straordinaria capacità di rigenerazione che si basa sulle sue cellule staminali “satelliti”, in grado di attivarsi ogni qualvolta sia presente una situazione di stress o una lesione del tessuto muscolare. 

È ormai ampiamente dimostrato che il muscolo invecchiato presenta una minore capacità e velocità di rigenerazione, dovuta principalmente a un progressivo deficit di numero e funzionalità delle cellule staminali, e un’aumentata tendenza alla fibrosi dopo eventuali infortuni, che a sua volta può essere causa di riduzione della contrattilità e della funzione muscolare. Oltre all’invecchiamento cronologico, altri fattori secondari hanno dimostrato di influenzare la capacità rigenerativa muscolare. È stato infatti dimostrato sperimentalmente che in età avanzata un muscolo danneggiato si rigenera più lentamente se l’individuo è in sovrappeso, rispetto a un normopeso, e l’infiammazione cronica presente nei soggetti obesi ha dimostrato di contribuire al deficit rigenerativo. L’attività fisica di resistenza viceversa ha dimostrato di influenzare positivamente la capacità rigenerativa dei muscoli più “anziani”, in quanto l’allenamento continuo è in grado di aumentare il numero di cellule staminali satelliti nei soggetti anziani. Inoltre, soggetti che continuano a praticare anche in età avanzata sport di resistenza hanno dimostrato di possedere una densità di staminali satelliti analoga a quella di soggetti molto più giovani.

In conclusione, ciò che emerge da questa interessante review è che il muscolo scheletrico ha una notevole capacità di adattarsi a qualsiasi età alle richieste che gli vengono imposte, processo che viene definito “plasticità muscolare”, ma solo se viene mantenuta un’attività fisica di buon livello. È evidente viceversa che la sedentarietà e l’aumento ponderale che ne deriva quasi sempre in età avanzata influenza negativamente diversi aspetti della funzionalità muscolare, riducendone la longevità, favorendo la sarcopenìa e modificando negativamente alcuni meccanismi metabolici fondamentali per garantire l’efficienza muscolare, e non solo. Al contrario, un’attività fisica di resistenza, se svolta in modo costante, è in grado di contribuire al mantenimento di tutte le principali caratteristiche muscolari prevenendo lo stato di salute muscolare nel tempo.

A chi, dunque, vi chieda “perché fai ancora tutto questo sport alla tua età”, suggeritegli di leggere questo articolo. Così capirà molte cose che forse non ha ancora capito…